Per il futuro delle attività di call center si parla sempre di più e sempre più spesso di sostituire le persone con robot, o comunque con l’intelligenza artificiale, quella che fa luccicare gli occhi di felicità a tutti i manager perché promessa di formidabili efficientamenti.

È un processo iniziato da anni, già oggi gli IVR con interpretazione del linguaggio naturale hanno sostituito l’intervento umano per molte tipologie di servizi inbound.

Perché?

Perché la battaglia della competitività si gioca sempre su due fattori, il prezzo e la qualità del servizio e la digitalizzazione dei servizi sembra ridurre i costi e sembra essere, quindi, un trend irreversibile.

La maggior parte delle aziende che hanno una grande base clienti a cui dare servizio cavalcano questa tendenza nella speranza che una maggior efficienza produttiva le faccia diventare più competitive: meno costi, meno problemi con le persone (siamo sicuri?) e prezzi più convenienti per i clienti.

ma: 1. il miglioramento delle tecnologie vale per tutti e se qualcuno è in grado di ottenere un vantaggio competitivo dato da software migliori, questo è inesorabilmente per poco tempo.

  1. la forchetta di differenza di prezzi, a parità di accesso alle tecnologie e “sistema paese”, difficilmente potrà essere molto ampia.

La verità è che la differenza la fa, oggi, e la farà domani, la qualità del servizio, ovvero la “famigerata” customer experience, l’indicatore che deve salire sempre!

Vogliamo, però, provare a riflettere su come viene percepito l’automatismo e su come incide sulla qualità del servizio?

Siamo sicuri che il mercato, ovvero i cittadini, le persone comuni che ci vivono accanto, siano preparati ad una svolta digitale più radicale?

Siamo sicuri che la signora Maria – ma mica solo lei – abbia voglia di parlare con una gentile voce artificiale invece che con una persona vera, che accoglie ed esprime emozioni?

I tecnici assicurano che fra brevissimo tempo la maggior parte delle problematiche per cui si chiama un call center di “servizio assistenza” saranno compresi e risolti con la massima efficienza dai robot. Alcuni dati di una multinazionale della tecnologia parlano di 80% delle richieste standard risolte dai bot. Standard = facili.

Ma che succede quando la richiesta si complica e magari non è neppure ben definita nella testa di chi la fa? (Succede, succede, e non solo alla signora Maria).

Su questo genere di situazioni non siamo tanto convinti che la robotizzazione sia dietro l’angolo, per quanto i tecnici siano al lavoro per rendere le macchine più capaci di interagire con elasticità.

Un esempio, tutti i servizi clienti dei grandi operatori telefonici sono fatti a menu dove ci sono infinite opzioni automatiche e solo come ultima istanza la possibilità di parlare con un operatore.

Istanza che viene nascosta sempre di più, resa sempre più lontana e remota, neanche fosse il tesoro da trovare al termine di una caccia nella giungla.

Eppure una moltitudine di persone preferiscono addentrarsi “nella giungla” piuttosto che parlare con un automatismo programmato (per adesso) per dirti esattamente “quella cosa” e solo quella!

Allora, forse, prima di lanciarci tutti sulla robotizzazione dei servizi sarebbe il caso di sentire cosa ne pensano le signore Maria e i signori Mario, e di introdurre le modifiche con la dovuta gradualità e quando le tecnologie saranno realmente più capaci di relazione col cliente.

Prima che anche in questo settore cominci una evoluzione accelerata che porta inesorabilmente ad una percezione di scadimento del servizio, con buona pace degli indicatori di customer experience.

E su questo tema in PMC è iniziata una riflessione attenta, ma di questo avremo modo di parlare a breve – magari con delle statistiche sottomano.

 

Per intanto, un buon 2020 a tutti, molto umano!