Sono passati solo poco più di due mesi dalla vittoria della Nazionale italiana di calcio nei Campionati Europei, eppure sembra già un avvenimento molto lontano perché nel frattempo mille altre situazioni hanno catalizzato la nostra attenzione; dalle altre magiche imprese di atleti e squadre italiane nello sport, ad avvenimenti assai più importanti e drammatici come, su tutti, le vicende afgane.

Nondimeno, credo, sulla vittoria della Nazionale di Mancini vale la pena di tornare per qualche riflessione.

Già, perché lo sport e il calcio in particolare, piaccia o meno, è una delle vetrine dei paesi, non la più importante, certamente, ma popolarissima.

Vincere nel calcio, per esempio, è sicuramente meno utile che avere una buona università, ma intanto vincere nel calcio porta gioia, prestigio, “fa rosicare” i perdenti (ci sta) e fa persino crescere il PIL! (Cosa comprensibile con l’aumento di “reputation” del paese vincente, quindi con la maggior propensione a acquistare prodotti di quel paese).

E oltre a gioire, cosa ci insegna questa vittoria e quelle, ad esempio, delle squadre di volley femminile e maschile ai recentissimi europei? (Dopo il flop alle Olimpiadi).

La prima riflessione che mi viene da fare è la seguente: “le cose cambiano”.

La nostra Nazionale, solo tre anni fa, aveva toccato uno dei punti più bassi della sua storia calcistica. Per la seconda volta nella nostra storia non eravamo riusciti a partecipare ai Campionati del Mondo (la prima in Svezia nel 58). Campionati che abbiamo vinto quattro volte e a buon diritto possiamo dire di essere da sempre una delle Nazionali protagoniste.

Le cose cambiano… bisogna essere consapevoli di questa banale verità. Cambiano in meglio, se siamo capaci di mettere visione, competenza, passione, impegno. Ma fanno molto in fretta a cambiare anche in peggio se pensiamo di aver acquisito una posizione stabile e che da lì non ci sposterà più nessuno.

La società è fluida, la vita è fluida, gli equilibri sono instabili e mai acquisiti per sempre.

È una verità semplice questa, ma troppo spesso ce la dimentichiamo, avvinghiati ai pensieri negativi (se siamo “in basso”) o alla presunzione degli arrivati (se siamo “in alto”).

E invece è sempre tutto in discussione.


Dovrebbero saperlo bene anche le imprese, ma la storia è piena di aziende che si ritenevano “inscalfibili” e che invece sono evaporate in poco tempo insieme ai loro business…

Negli ultimi vent’anni poi il progresso tecnologico ha accelerato esponenzialmente e il mondo è ancora più fluido e instabile di come lo vedeva Bauman.

Le imprese, a parole, sono tutte molto consapevoli di questa realtà, ma quanto lo sono realmente nei fatti?

Essere consapevoli degli scenari che un’impresa ha davanti a sé – e dei bivi decisionali che comportano – dovrebbe essere un esercizio da fare spesso e con onestà intellettuale…


La seconda riflessione è sullo “spirito di squadra”.

Gli azzurri del calcio hanno vinto perché hanno messo in campo un grandissimo spirito di squadra, ovvero hanno giocato da team, aiutandosi, supportandosi, incoraggiandosi, esaltando nella collaborazione le doti dei singoli.

E questo può avvenire solo se quello spirito positivo c’è anche fuori dal campo.

La Nazionale di Mancini ha dato una bella rappresentazione di coesione e capacità di essere gruppo.

Allora non è vero che noi italiani non siamo capaci a lavorare in gruppo?

No, non è vero!

Ma è vero che siamo degli individualisti e per noi è più difficile rispetto a società culturalmente più abituate alla collaborazione.


Comunque, anche nelle aziende lo spirito di gruppo è fondamentale, tant’è che il coaching sul team building è un’attività diffusissima e il lavoro di affinamento delle metodologie è costante.

La coesione dei team, la condivisione di obiettivi e strategie, la capacità di supportarsi, la capacità di far lavorare le persone “al meglio”, sono tutte situazioni difficili da realizzare e soprattutto – tornando a quanto sopra – sono equilibri che non si raggiungono per sempre.

Bisogna continuare a lavorarci e non dare nulla per scontato.

Coltivare lo spirito di gruppo in un team di lavoro è essenziale per ottenere risultati.

Gli obiettivi di una squadra sportiva sono più ovvi di quelli di un team di lavoro, per questo chi dirige un team di lavoro è chiamato ad un impegno più complesso.

Chi dirige un’azienda ha la responsabilità di individuare obiettivi e le strategie per raggiungerli ma spirito di gruppo significa prima di tutto condivisione degli stessi e ascolto interno.

Questa è una dote dei grandi manager (e dei grandi statisti, dei grandi condottieri…).

Saper guardare oltre il contingente, saper interpretare sentimenti e “mood” delle persone, saper cogliere i segnali deboli, positivi o negativi, saperli interpretare.


Ma guarda un po’ quanti spunti di riflessione ci vengono da un gioco che per qualche ora che ci fa tornare bambini!