Che c’entra il padre della moderna scienza politica col ruolo dei manager?
Un nesso c’è, e speriamo diventi chiaro per chi avrà la bontà di seguirci in questa riflessione, che facciamo partire dal pensiero del professor Stefano Zamagni (*), il cui contributo scientifico al dibattito sul ruolo dell’impresa nella società è riconosciuto in tutto il mondo come di grandissima importanza.
Proviamo a riassumere molto brevemente il pensiero espresso in questo suo intervento del 2016 (E tu cosa fai? https://www.youtube.com/watch?v=UiUoMyhlN2U ) e scusandoci con lui perché lo spazio ci impedisce di svolgere appieno le sue riflessioni.
In un ragionamento molto articolato, tra le altre cose, egli dice che il manager – per sua stessa natura professionale – non può che avere obiettivi economici (deve remunerare il capitale) di breve o medio periodo e difficilmente lavora con una visione di lunga durata che dia un futuro stabile all’impresa, come invece fa l’imprenditore (l’impresa è sua).
Questa impostazione nasce in America con l’avvento delle Public Companies negli anni ‘30 del secolo scorso, e si afferma anche in Europa dopo la seconda guerra mondiale, ma mostra tutti i suoi limiti con la grande crisi sistemica dell’economia mondiale iniziata in America nel 2007 e poi diffusasi in tutto il mondo.
Crisi dalla quale nessuno può dire di essere pienamente uscito (anzi).
Secondo Zamagni è anche la crisi dell’incapacità dell’impresa di guardare al lungo periodo, di guardare al rapporto col territorio, al “divorzio” dall’etica.
Oggi anche studiosi anglosassoni hanno accettato questa visione e non a caso è nata la Teoria del “Valore Condiviso” (Corporate Shared Value di Michael Porter).

Tuttavia, quanto sopra brevemente descritto, vale soprattutto per le grandissime imprese quotate in borsa, nelle quali il rapporto manager – azionisti e manager – dipendenti è giocoforza più impersonale.
Ci interessa invece capire qual è – o quale dovrebbe essere – il ruolo di manager in un’azienda media o piccola, in cui il rapporto con la proprietà e con i dipendenti è ovviamente più stretto e più influenzato dalle variabili di rapporto interpersonale.
Lo chiediamo a Gianluca Fuser, Direttore Commerciale di PMC PLUS, azienda da considerare pienamente una PMI e che si è data due parole chiave – Libertà e Rispetto – come pillars di crescita.

Grazie Vittorio, per forza il ruolo del manager nella media impresa (italiana, per lo più padronale) è diverso! Nella media impresa italiana c’è l’Imprenditore! E gioca quasi sempre un ruolo leonino!
Cosa fa – quindi – un manager, competente (diamolo per scontato), con esperienza, dipendente e non azionista? È una sorta di mercenario, di capitano di ventura?
Machiavelli, nel ‘400, sconsigliava ai Principi di usare forze mercenarie perché non rischiano, fanno melina e ti piantano in asso sul più bello.
Oggi sconsiglierebbe all’Imprenditore di prendersi manager che non abbiano ragioni FORTI per identificarsi con l’Impresa, per le stesse, identiche, ragioni! A meno che: gli somigli un bel po’ nel carattere e nei valori, abbia vissuti analoghi a quelli del Principe-Imprenditore, non abbia troppo piglio imprenditoriale; possa – in virtù di queste caratteristiche- identificarsi con il disegno dell’Imprenditore.
In questo contesto di Impresa di medie dimensioni, italiana, padronale, il manager deve essere bifronte, un Giano contemporaneo, capace di guardare al futuro e, insieme, al passato; all’interno e verso l’esterno dell’impresa-tempio.
La visione dell’imprenditore è la SUA impresa proiettata nel futuro, la vista dell’interno verso il domani; il manager – Giano deve armonizzare la vision imprenditoriale con l’occhio al passato, alle lezioni da ricordare e da cui apprendere e alle possibilità aperte proprio dal vissuto dell’impresa; deve arricchire la Vision con l’attenzione e la sensibilità alle variabili del mercato, con l’analisi dei rischi e l’evidenza delle opportunità; deve lavorare con il disincanto e la saggezza di Giano per mitigare il furore costruttivo dell’impresa.
Mi dirai: cosa c’entra questo con Libertà e Rispetto? Vai a vedere sul nostro sito, l’abbiamo scritto bello chiaro!

Gianluca, il tuo ragionamento è molto chiaro ed è chiaro anche cosa c’entrino Libertà e Rispetto.
Senza questi due principi il rapporto di fiducia (di estrema fiducia!) che si deve instaurare tra Proprietà, management e dipendenti non può sussistere.
Il tessuto produttivo italiano, lo sappiamo tutti, è formato soprattutto dalla piccola e media impresa, creata da imprenditori capaci, spesso visionari, appassionati.
Ma la complessità del mondo e dei processi economici è aumentata in modo esponenziale in pochi decenni, il tempo accelera sempre più e il pericolo di ritrovarsi tagliati fuori dal mercato senza quasi rendersene conto è reale! Ecco che il ruolo del manager – preparato e “non mercenario” – diventa fondamentale.
Io credo sia la grande sfida dei prossimi anni, avere manager – Giano, per usare la tua espressione, in grado di armonizzare le esigenze diverse dei diversi stakeholder.
Nonostante il sistema di ingresso alla vita lavorativa dei giovani (università specialistiche comprese) tenda a creare manager soldatini, impreparati al rapporto umano (ma questa è una mia personale impressione), credo che sia una sfida che l’Italia può vincere e vorrei che questo pezzo si chiudesse con una tua riflessione a questo proposito.

Vittorio, mi trovi in parziale disaccordo sul tema dell’università e del tutto d’accordo su quello dell’impresa; l’università “sforna” – a mio avviso – teste pensanti e ancora pronte al rapporto umano, il punto è che la media impresa italiana, ora come nei passati 50 anni, recluta pochi laureati, anzi poche teste indipendenti perché a) non ritiene che la complessità gestionale richieda “studi alti”, b) teme che costino troppo e/o mettano in crisi l’organizzazione. E questo è un peccato, perché è proprio dalla formazione umanistica, magari unita a quella tecnico-gestionale, che si può attingere a quelle forme di competenza unita alla saggezza che auspichiamo nei manager – giano e, se gli imprenditori lo capiscono, come l’ha capito PMC PLUS, la qualità e la consistenza della media impresa non può che migliorare, facendo leva sulla Libertà di espressione e sul Rispetto delle regole e delle sfere di competenza dei capi azienda e dei manager.

Chissà se siete d’accordo sui soldati di ventura e sui manager… ci piacerebbe continuare la discussione col vostro parere. Scriveteci a commerciale@pmcplus.it

(*) Stefano Zamagni, professore ordinario di economia politica all’università di Bologna, docente alla Johns Hopkins University, Presidente Comitato scientifico della scuola di Economia Civile, Presidente della Pontificia accademia di Scienze sociali