Qualche settimana fa abbiamo fatto una chiacchierata molto interessante con Filippo Saini, Head of Job Sales Strategy and Business Development di InfoJobs e Subito Lavoro, piattaforme digitali che mettono in contatto domanda e offerta di lavoro.

Oggi come oggi il leader di questo mercato in Italia.

Saini in InfoJobs e Subito è stato responsabile delle sales operations, poi si è occupato di strategia, oggi è responsabile dell’area sales e marketing. Ha quindi una conoscenza approfondita e ampia dell’azienda e del business in cui opera.

Tema centrale della discussione, come far convivere l’aspetto umano (la relazione) in un mondo sempre più veloce, sempre più digitale e sempre più dominato da processi automatizzati.

E, naturalmente, se questo (l’aspetto umano) sia utile per il business.

Si tratta di un tema vitale per le aziende; tutti, credo, come utenti di servizi, viviamo quotidianamente esperienze a volte gratificanti ma spesso anche di grande frustrazione con i servizi digitali. Perché il problema troppo spesso è “capire” come funzionano, districarsi tra complessità che ci paiono assurde e la difficoltà di ritrovare la propria specifica esigenza all’interno di layout precostituiti in cui manca sempre il “pezzo” che ci riguarda (in realtà siamo noi che non lo sappiamo trovare, ma all’atto pratico è lo stesso).

Saini è ben cosciente che su questo punto si gioca la capacità delle aziende di essere percepite come “amiche” e di fidelizzare i clienti e ci racconta come la crisi innestata della pandemia abbia messo l’Azienda di fronte a un problema nuovo e neppure mai preso in considerazione: il blocco di domanda e offerta di lavoro. Un problema che è stato affrontato senza farsi travolgere dal panico e che ha creato le condizioni per un profondo ripensamento dei rapporti con committenti e utenti dei servizi InfoJobs.

È da questa situazione anomala che è nata l’intuizione di Saini: l’Azienda doveva virare verso un approccio al proprio business più umano e non solo digital.

In concreto, in un momento in cui c’era una grande incertezza e le persone avevano un gran bisogno di “punti d’appoggio”, InfoJobs ha riconvertito il proprio Customer Service in un servizio proattivo che ha chiamato gli utenti per ascoltare ansie e problemi, rassicurare le persone e per offrire loro servizi come la revisione dei propri CV da parte di personale specializzato.

Questo diverso modo di relazionarsi con gli utenti è stato assolutamente decisivo come base per la ripartenza. È ciò che ha permesso di creare un trait d’union di fiducia tra l’Azienda e il suo pubblico ed è il motivo per il quale, quando il mercato ha ricominciato a mettere in contatto offerta e domanda, InfoJobs è ripartita meglio della media di mercato.

Saini, testuali parole, ci dice: “è stato un azzardo ma ha pagato”.

D’altra parte i veri managers sono quelli che sanno prendersi la responsabilità di decisioni non scontate (questo lo dice chi scrive, ma penso sia ampiamente condivisibile).

“Questo nuovo approccio, chiamiamolo ‘amichevole’, ci è piaciuto così tanto che abbiamo continuato a farlo – ci dice Filippo – ed è diventato un nostro posizionamento e un plus dell’Azienda”.

E a questo proposito – chiediamo – cosa si può dire in questo senso dei contact center? Vale anche per questo settore il discorso dell’approccio umano?

Certamente sì – ci dice Filippo – i call center che vogliono essere vincenti devono avere una precisa identità, obiettivi chiari e devono sapersi raccontare in modo attrattivo (tanto per i committenti, quanto per la forza lavoro).

 

I call center quindi devono puntare a rafforzare la qualità del loro servizio anche attraverso la qualità del loro personale a contatto con gli utenti. Il fattore umano in un lavoro di relazione come quello dei CC è importantissimo, quindi serve attenzione del management per questi aspetti e serve formazione e affinamento di skills specifiche. In questo modo le aziende diventano più efficaci per i loro committenti ma anche più attrattive per i lavoratori che hanno una crescita di competenze.

Flessibilità, capacità di ascolto e comprensione nella relazione con il pubblico sono qualità che vanno coltivate e rafforzate e creano un vantaggio competitivo.

Il contact center vincente sa combinare tecnologia e capacità di relazione e il valore aggiunto non è pagare di meno ma dare un servizio di maggiore qualità.

Come azienda cliente di un contact center – ci racconta Filippo – mi aspetto contributo, feedback, mi aspetto un partner che abbia soluzioni e porti vantaggi anche negli economics.

In definitiva, serve studio del mercato del committente e competenza!

 

C’è un ultimo aspetto che abbiamo preso in considerazione con Saini: ovvero, come fare con la velocità esponenziale con cui cresce la digitalizzazione in tutti gli aspetti della vita.

È un problema reale – ci conferma Filippo – oggi ci sono troppe persone che non sono in grado di accedere a servizi e informazioni a causa della complessità delle piattaforme e della velocità con cui cambiano le procedure, e parliamo anche di gente di cultura e non necessariamente anziana.

Ecco che torna il tema dell’umanizzazione del business.

Rendere i servizi accessibili, comprensibili, non astratti e respingenti. Su questo devono concentrarsi le aziende, anche quelle ad altissimo tasso di tecnologia.

Non avere attenzione per gli aspetti umani e relazionali non è solo socialmente scorretto, è anche e soprattutto un clamoroso autogol di business che tante aziende fanno.

Si perdono occasioni di vendite di servizi e prodotti, si perde mercato pensando che il mercato sia più stretto di quanto sia realmente.

E qui si dovrebbe innestare una importante riflessione sulla qualità delle persone che hanno potere decisionale nelle aziende, ma questo è un altro discorso…

 

Oggi più che mai le posizioni acquisite non sono certe e l’affezione ai brand è in costante discussione, ecco perché “bisogna saper aiutare e accompagnare le persone meno veloci”, ci dice con convinzione Saini. È un modo per allargare e fidelizzare la base dei clienti

“La potenza computazionale serve, ma empatia e comprensione non sono sostituibili” è la frase emblematica con cui Filippo conclude questa chiacchierata con noi.

 

Queste non sono le considerazioni di un professore di storia dell’arte, queste sono considerazioni di strategia di business fatte da un manager cresciuto nel digitale.

E proprio per questo fanno riflettere ancor di più sul valore del fattore umano.