Nella news pubblicata di recente dal titolo “Go Smart!”, abbiamo raccontato come e perché PMC si è rapidamente organizzata in modalità smart working più di un mese fa, prima ancora che questo provvedimento diventasse un (parziale) obbligo, e cosa questo avesse comportato a livello organizzativo.

 

Abbiamo pensato però che per completare il quadro bisognava conoscere anche l’opinione delle persone che si sono trovate nel giro di pochi giorni a dover cambiare radicalmente le proprie abitudini di lavoro e, abituati a lavorare in sede, si sono trovati improvvisamente a dover proseguire la loro attività da casa.

È nata così l’idea di una piccola indagine sui lavoratori del call center PMC attualmente in smart working.

Raccontiamo i risultati di questa analisi sperando anche di fare un servizio per i manager che questa scelta (il lavoro da remoto) l’hanno già fatta o dovranno prenderla in considerazione.

Prima di tutto un cenno sulla metodologia utilizzata.

Proprio perché volevamo delle sensazioni e delle impressioni, abbiamo pensato di privilegiare un approccio qualitativo piuttosto che quantitativo.

Abbiamo selezionato un campione ridotto; persone scelte casualmente tra gli operatori delle tre sedi di lavoro PMC e ci hanno risposto in 27. Le interviste sono state somministrate online con un questionario anonimo a risposte completamente aperte.

Quindi, più che statistiche e percentuali, oggi vi racconteremo il “sentiment” emerso da questo ascolto.

LA NUOVA SITUAZIONE LAVORATIVA È STATA VISSUTA CON SPIRITO POSITIVO

La prima cosa che possiamo dire con certezza è che la nuova situazione lavorativa è stata vissuta con spirito positivo, anche laddove si vedono più le problematiche che i vantaggi. Come dire, “era inevitabile e me lo faccio andare bene comunque”.

CI SONO DEI VANTAGGI

Poi scopriamo che vengono percepiti diversi vantaggi; molto sentito il plus dell’evitare gli spostamenti legati al raggiungimento delle sedi di lavoro, un vero plebiscito su questo tema.

In generale comunque il lavoro in casa viene vissuto come più comodo, più rilassante e anche meno stressante. Ricordiamo, come visto nella precedente news, che il management PMC non ha riscontrato cali della qualità nel lavoro, quindi il lavoro “più comodo” non va a detrimento dell’efficacia ed efficienza!

IL BENESSERE INFLUISCE SULLA PRODUTTIVITÀ?

E questo pensiamo sia un dato molto interessante anche in chiave di rientro in sede; ovvero le condizioni di benessere migliorano la produttività. Scontato? Forse, ma solo per gli imprenditori intelligenti e capaci di guardare oltre le abitudini consolidate.

QUALCOSA NON PIACE

Tra quelli che vengono percepiti come svantaggi, invece, c’è senz’altro la mancanza di rapporto diretto con i colleghi, l’impossibilità di confrontarsi sui temi lavorativi ma anche semplicemente la mancanza del piacere di stare in compagnia.

Poi, per qualcuno (certamente per chi ha la famiglia a casa), la maggior difficoltà di trovare concentrazione e spazi adeguati.

C’è equilibrio di vedute sul punto se sia meglio lavorare in sede o a casa; possiamo dire che i giudizi si equivalgono, con una lieve prevalenza per i favorevoli al lavoro da casa. Ma dati i numeri esigui, questa va considerata solo come una tendenza.

IL LAVORO È QUALCOSA DI PIÙ DEL SOLO LAVORO

Netto e incontrovertibile invece il dato che riguarda il sentimento di “mancanza” dei colleghi; praticamente tutti gli intervistati hanno detto che hanno molta voglia di rivedere i loro colleghi di lavoro, stante anche i rapporti di amicizia. È questa la molla principale della voglia di tornare a lavorare in sede.

CONCLUSIONI

Che conclusioni possiamo trarre da quanto molto sinteticamente sopra esposto?

Prima di tutto che il lavoro a casa non è un trauma.

Che è vissuto complessivamente bene, apprezzando i vantaggi e sopportando gli svantaggi (ma tutti ci hanno detto quanto sia importante sentire comunque che l’Azienda c’è, pronta ad aiutare nella difficoltà).

Che l’unico vero problema non è di tipo lavorativo, ma consiste nell’assenza di relazione umana con i colleghi (si percepisce un ambiente molto legato).

E alla fine c’è stata una risposta che ci sembra possa riassumere molto bene tutto:

“ho voglia di tornare a lavorare in sede, perché significa il ritorno alla normalità, ma non disperdiamo quanto ci ha insegnato questo periodo”.

No, lo smart working non è un problema, ma questa situazione anomala può essere l’occasione per accendere una riflessione seria e creativa per studiare forme meno tradizionali di lavoro; che diano più qualità della vita ai lavoratori e al contempo maggior efficienza per l’Azienda.