Ecco la seconda parte della conversazione online, organizzata da PMC PLUS il Il 24 settembre scorso, su come la crisi Covid di questi mesi ha impattato sulla vita delle aziende, in particolare sulla vita dei call center.

Riprendiamo il discorso sul nostro webinar del 24 settembre scorso.

Nel precedente articolo pubblicato – che trovate su questa sezione di news del sito – abbiamo riassunto quanto raccontatoci da Pier Maria Salvagno, presidente di PMC e da Gianluca Fuser, direttore commerciale e marketing di PMC.

———————————————————————-

Oggi ci concentriamo su quanto ci hanno detto Alessio Pisa, Ceo di Instilla, società di digital marketing e Pierre Zanin, head of sales di un nuovo (per l’Italia) player nelle telecomunicazioni, Melita Ltd.

Con Alessio Pisa, proviamo ad allargare i confini della nostra conversazione e lo coinvolgiamo su un tema molto delicato che ha a che fare non solo con il mercato ma anche con l’accesso all’informazione e, quindi, con gli equilibri sociali di un Paese.

Stiamo parlando del gap che si sta creando tra coloro che padroneggiano gli strumenti del progresso digitale e informatico, e chi, invece, non è nelle condizioni di seguire questo progresso e corre il rischio di restare tagliato fuori da opportunità commerciali, lavorative e culturali.

E questo può succedere per motivi di età, di contesto sociale, di contesto economico.

Ad Alessio chiediamo se un manager di un’azienda che è parte trainante di questo progresso (e anche sulla parola progresso si dovrebbe ragionare), si rende conto del problema e come si può fare per rendere le tecnologie più friendly, più trasparenti e più accessibili a una platea più ampia di cittadini e consumatori.

Alessio ci dice subito che è perfettamente conscio del problema e che anche “il sistema” delle aziende digital si sta rendendo conto che il problema esiste ed è reale.

Concorda con l’affermazione alla base della domanda, e cioè sul fatto che il mondo è fortemente diviso tra coloro che guidano e gestiscono i fenomeni di progresso digitale e chi, invece, questa corsa la subisce.

Il marketing digitale sa quali sono le nostre abitudini, le nostre preferenze e su quelle lavora sia dal lato dell’offerta commerciale, sia dal lato dell’influenza su bisogni ed esigenze.

Alessio parla di “ottimizzazione delle nostre scelte”, un modo elegante di esprimere il concetto!

È possibile che il regolatore e la politica, secondo Alessio, non abbiano piena consapevolezza dei meccanismi di influenza e del potere che i grandi players del digitale esercitano sui cittadini consumatori, probabilmente per mancanza di cultura specifica.

Sulle grandi piattaforme social affluiscono una enorme quantità di informazioni, vere, verosimili, false, falsissime…. (e sul concetto di verità potremmo aprire un altro dibattito, ma non è questa la sede).

Non è mai successo nella storia dell’umanità che i cittadini si trovassero a dover gestire una così enorme massa di informazione magmatica da cui è molto complesso districarsi. Il rischio è che le scelte di mercato siano profondamente influenzate da alcuni soggetti in grado di rivestire il ruolo di “manovratori” – sovrapponendosi alle libertà di scelta dei consumatori e in contrasto con la libertà delle imprese che su quel mercato operano

Alessio suggerisce la necessità di norme per evitare distorsioni di mercato e tutelino sia i consumatori che le piccole-medie imprese, norme scritte da persone che abbiano una profonda conoscenza dei meccanismi intrinseci delle piattaforme e delle possibilità offerte dai big data.

———————————————————————-

C’è il rischio di inseguire, sempre un passo indietro, un progresso di cui non si comprendono fino in fondo le possibilità e le direzioni.

Ma poiché il focus della nostra conversazione era comunque sui call center, Alessio ci racconta la sua esperienza con questo canale comunicativo più tradizionale.

Alla base del successo di un’operazione di marketing telefonico ci deve essere la collaborazione tra cliente e struttura operativa. Il CC va supportato non “spremuto” e lo si deve fare cercando insieme soluzioni che garantiscano la qualità.

———————————————————————-

Parliamo poi con Pierre Zanin che il canale telefonico lo conosce molto bene, anche per il ruolo che ricopre in Melita.

A lui chiediamo dov’è stato l’errore per cui i call center di vendita sono diventati nell’immaginario collettivo come dei “disturbatori seriali” e soprattutto come si fa a rimediare a questa brutta reputazione.

Nell’interesse del versante offerta ma anche del versante mercato.

Pierre innanzitutto ci racconta di come sono organizzati i canali di vendita di Melita.

Il canale telefonico Melita lavora separatamente dagli altri canali di vendita.

Prima del lockdown c’era un sostanziale bilanciamento fra attività di vendita sul territorio (negozi, agenzie) e canale telefonico. La crisi ha costretto a ridefinire molto rapidamente la strategia, rinforzando il canale telefonico (pur nell’emergenza della chiusura delle sale operative) e supportando il canale fisico in difficoltà, con soluzioni nuove di contatto con i clienti attraverso il digitale.

Quello che ci ha molto aiutato – ci racconta ancora Pierre – è stata la fortissima crescita della domanda.

E i risultati del canale telefonico sono stati molto favoriti anche dalla maggior contattabilità dei clienti.

Oggi il bilanciamento tra canale fisico e canale telefonico si è ristabilito e il telefonico pesa tra il 40% e il 50%.

Per venire alla risposta alla nostra domanda, secondo Pierre la cattiva reputazione delle vendite telefoniche deriva dalle troppe campagne di vendita mal ideate e mal gestite.

Pesano gli aspetti strategici (come ideiamo la campagna: offerta, target…) e pesano gli aspetti operativi (qualità del personale e professionalità, che non è solo competenza sul prodotto ma anche capacità di relazione).

Da dove ripartire? Affinare il lavoro strategico, pensare meglio le campagne valutandole in tutti gli effetti finali e lavorare su campagne che prevedano il ricontatto con potenziali clienti che hanno già manifestato interesse ai servizi.

E poi, certamente, investire sul fattore umano del personale operativo. Valutare l’attitudine, migliorare le competenze sui servizi, lavorare sulle capacità di comunicazione.

E premiare il merito di chi lavora bene.

———————————————————————-

Continuate a seguirci, la prossima settimana pubblicheremo il terzo articolo sulla nostra conversazione online raccontandovi di Leonardo Giuliodori di Iliad e cercando di trarre delle conclusioni dagli spunti di riflessione di tutti i partecipanti.