Il 24 settembre scorso, PMC ha organizzato una conversazione online per avviare un confronto e uno scambio di idee su come la crisi Covid di questi mesi ha impattato sulla vita delle aziende, in particolare sulla vita dei call center.

Alla nostra conversazione hanno partecipato nel ruolo di “padroni di casa”, Pier Maria Salvagno, presidente di PMC e Gianluca Fuser, direttore commerciale e marketing di PMC.

Hanno partecipato come relatori:
Alessio Pisa, Ceo di Instilla, azienda di digital marketing,
Leonardo Giuliodori, direttore customer care di Iliad,
Pierre Zanin, head of sales di Melita, importante telco maltese, sul mercato italiano da pochi mesi.

Conduttore, chi scrive e cura questa sezione di news del sito PMC.

Non potendo far riascoltare a tutti la registrazione dell’evento, proviamo a sintetizzare le parti più significative del confronto.

Da parte mia ringrazio pubblicamente tutti i partecipanti che hanno dato vita a una conversazione molto interessante e ricca di spunti di riflessione.

Gianluca Fuser ci ha raccontato di come PMC ha affrontato la crisi.

Prima di tutto si è congratulato con tutto il team di PMC Plus per la capacità di reagire con grande rapidità e efficienza all’improvviso mutare delle condizioni lavorative.

Il passaggio ad una organizzazione di lavoro da remoto è stato anticipato rispetto alle scelte del governo ed è stato un processo prevedibilmente complicato, ma tutto è andato “liscio” oltre ogni previsione.

Alla domanda “che cosa vi hanno chiesto i vostri clienti?”, Gianluca ci ha raccontato che la prima cosa che i clienti, tutti, hanno chiesto, è stata “andate avanti a lavorare senza perdere colpi”, la vita e il business dovevano (e devono) continuare, guai fermarsi e peggiorare una crisi già molto complessa.

Quindi, tutti a casa, ma a lavorare!

La qualità è rimasta invariata, le performance sono in alcuni casi perfino migliorate.

La seconda cosa che le aziende hanno chiesto è stata “metteteci ancora più cura”. In assenza dei mezzi di contatto umano, il telefono (e il web) sono rimasti gli unici strumenti di collegamento tra le aziende e i loro clienti. Se quindi “prima” erano strumenti già molto importanti, in tempi di distanziamento sociale, sono diventati ancor più determinanti.

E tutto ciò valeva e vale sia sul versante dei servizi inbound di assistenza ai clienti, sia sul versante del teleselling. Perché, è ovvio, se un’azienda non può più disporre dei canali di vendita tradizionali, in qualche modo deve supplire, e questo “modo” era ed è innanzitutto il telefono.

Altri ci hanno chiesto di “portare pazienza”, ci racconta Gianluca.

Stiamo parlando di una pazienza per la riduzione dei volumi di lavoro (per esempio nel settore dell’elettronica di consumo) e naturalmente di una “pazienza finanziaria” per chi ha avuto un immediato contraccolpo finanziario nella crisi.

PMC è andata incontro a queste esigenze; “lo abbiamo fatto”, ci dice Gianluca. E questo si può fare se l’azienda è sana, senza bisogno, credo, di dover spiegare cosa si intende per sana!

Ma durante il lockdown (sorpresa?) ci sono stati anche casi di new business. Aziende che hanno lanciato nuove iniziative commerciali e un’azienda (importante) che si è trovata dall’oggi al domani a dover far fronte al crollo del proprio fornitore.

PMC ha quindi rilevato un servizio complesso e di grande importanza per i cittadini e in poco tempo ha dovuto organizzarlo in casa.

In definitiva Gianluca ci racconta che i clienti hanno chiesto di “fare quadrato” e aiutarli nel rapporto con i loro clienti, ed è questa la chiave di lettura del periodo.

Aiutarsi per il bene comune (per dirla “alta”, potremmo dire per creare valore condiviso).

La considerazione che possiamo senz’altro fare è che PMC è riuscita a far fronte alle richieste, è riuscita a dare il suo apporto di lavoro e valore.

Ma qui si inseriscono altri due temi molto delicati.

Da un lato la rivalutazione del lavoro di operatore di call center. L’operatore è il terminale di qualsiasi strategia di comunicazione che passi (inbound o outbound che sia) da un call center. Senza operatori, bravi, efficaci, qualsiasi azione, per quanto correttamente studiata, è destinata al fallimento.

Eppure l’operatore è spesso misconosciuto nella sua professionalità e nell’importanza del suo ruolo.

Dall’altro lato è necessario che i grandi committenti riconoscano il ruolo centrale del servizio fornito dai call center e li considerino partner e non più solo fornitori.

Su questo punto ci risponde Pier Maria Salvagno che “sente” molto il tema.

Pier ci dice che serve uno sforzo congiunto tra committente e fornitore per migliorare uno status quo oggettivamente negativo.

Bisogna agire a livello normativo per scremare i players seri, a cui attribuire un “bollino” che ne certifichi la qualità, la serietà e la correttezza, sulla base di Kpi ben precisi (come avviene ad esempio in Germania). Naturalmente un call center certificato non può avere i costi di quelli che agiscono nel sottobosco al confine dell’illegalità.

Pier Maria è convinto (e noi con lui) che i tempi della competizione solo sul prezzo debbano finire.

La qualità si costruisce solo riconoscendo il corretto valore economico al progetto, che permette di mettere in campo tutte le risorse tecniche e umane necessarie.

Il tempo delle grandi campagne basate sulla quantità (a discapito della qualità) è finito.

Ormai bisogna lavorare su target specifici e con progetti mirati.

Siamo entrati definitivamente nel tempo della qualità.

Che genera valore e ha un prezzo.

 

Nel prossimo articolo vi racconteremo altri interventi, continuate a seguirci!